Roberto Spazzali


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Mario Maovaz (Spalato 1880-Trieste 1945). Soltanto un uomo nato in riva all’Adriatico, di madre croata, autodidatta, di sentimenti italiani e di cultura profondamente mediterranea ed europea – conosceva sei lingue tra cui l’arabo dopo aver vissuto per molti anni in Egitto – poteva concepire la sua vita tutta spesa a

realizzare un grande sogno rivoluzionario di emancipazione e libertà. Mazziniano ispirato dal pensiero democratico-radicale. «A me basta la soddisfazione di avere dato quanto ho dato di meglio nella mente e nel cuore per la nostra causa, per la nostra idea. Non è questa la libertà sognata, non è questa la nostra redenzione. Non importa: ci siamo incamminati, verrà anche la nostra ora, non mancherò all’appello. In prima linea, come ieri, senza timori, con audacia […]». Così aveva commentato la partecipazione ai moti rivoluzionari nel gennaio 1918 a Pola e poi alle giornate triestine del tracollo austriaco del 30 ottobre 1918, evitando lo scontro tra la popolazione che reclamava la liberazione dei detenuti e i soldati della guarnigione. Nel dopoguerra, lui rivoluzionario che aveva pure partecipato ai moti popolari di Odessa del 1905, torna alla vita privata, diventa imprenditore nella gestione di sale cinematografiche a Monfalcone, garantisce una vita agiata alla moglie Angela Rosa Fauzza e ai figli Alice e Sigfrido. Ma Il richiamo della politica è troppo forte e agli inizi degli anni Trenta aderisce a un piccolo gruppo cospirativo repubblicano e diventa uno degli animatori locali di Giustizia e Libertà. L’azione di una spia svela le loro trame e Maovaz viene arrestato e assegnato al confino di Ponza nel 1932. Tre anni più tardi è messo in libertà e torna in famiglia che si era trasferita a Roma dove, perduti i suoi averi, vive di piccolo commercio e riallaccia i contatti con Giustizia e Libertà meditando l’espatrio in Spagna. Viene nuovo arrestato nel 1937 con destinazione la colonia penale delle isole Tremiti. Manifesta segni di insofferenza e ribellione che gli costano la detenzione a Lucera e quindi a Ventotene. Qui diventa bibliotecario del confino e conosce Ernesto Rossi con il quale condivide il progetto politico europeista del Manifesto di Ventotene. Nell’estate 1943, caduto il fascismo, viene liberato e giunge a Trieste dove si avvicina al Partito d’Azione. Gli ambienti della Resistenza sono condizionati dalle tese relazioni con il mondo slavo e i rispettivi nazionalismi hanno seminato diffidenza e risentimento, per cui sente la necessità di promuovere uno spirito nuovo teso a realizzare un futuro di concordia e pacificazione. Agli inizi del 1944 aderisce a un movimento autonomista, “Trieste libera”, che propugna l’indipendenza della Venezia Giulia e in breve ne diventa il maggiore rappresentante. Illustra i suoi progetti al CLN Alta Italia trovando il sostegno del presidente Alfredo Pizzoni che lo aiuta ma la sua posizione non è compresa dagli altri partiti italiani e decisamente osteggiata dal Fronte di liberazione sloveno. Progressivamente viene isolato ma egli continua la sua battaglia soprattutto per l’autonomismo. In seguito al rinvenimento di documenti e di una delazione nel gennaio 1945 viene arrestato dall’Ispettorato speciale di pubblica sicurezza. Viene torturato dal famigerato Gaetano Collotti, e come lui pure la moglie ed i figli rilasciati nel due mesi più tardi. Rimane in carcere fino al 28 aprile 1945, segnato nel corpo dalle accanite violenze, quando viene prelevato insieme altri ostaggi e fucilato al poligono di tiro di Opicina, due giorni prima dell’insurrezione cittadina. Nel 1965 gli è stata intitolata una strada periferica del borgo operaio di San Sergio. Oggi la sua salma riposa accanto a quella della moglie nel cimitero comunale di S. Anna.

Roberto Spazzali, (Trieste, 1956), insegnante e pubblicista, si occupa di storia contemporanea della Venezia Giulia e partecipa a diversi progetti di ricerca e istituzioni culturali pubbliche e private. Collabora con il Ministero dell’istruzione, università e ricerca.  Ha ricoperto l’incarico di direttore dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia. E’ membro della Deputazione di storia patria per la Venezia Giulia. Monografie principali: Foibe: un dibattito ancora aperto (1990); Sotto la Todt (1995, 1998); Epurazione di frontiera: 1945-48 (2000); L’Italia chiamò. Resistenza politica e militare italiana a Trieste 1943-1947 (2003); Pola operaia (1856-1947) (2010); Radio Venezia Giulia. Informazione, propaganda e intelligence nella “guerra fredda” adriatica (1945-1954) (2013);Una guerra inevitabile. Crisi e dissoluzione della Mitteleuropa (2014).

Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Trieste 2017
356 p. ; ill.

20 €

ISBN 9788898796120
Collana Quaderni 40

Immagini di copertina: 

1ª: Mario Maovaz, bibliotecario di Ventotene in una caricatura di Ernesto Rossi (1942).
4ª: Mario Maovaz ritratto durante il confino politico a Ponza con un libro e una copia de «Le Monde» Fotocartolina indirizzata al «bambino» Sigfrido in data 4 ottobre 1935.



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