Iniziative per il 75° anniversario della Liberazione
Anche in questo momento d’emergenza in cui molte delle nostre attività sono sospese – dalle presentazioni ai seminari fino all’apertura della Biblioteca e dell’Archivio – l’Istituto continua a lavorare, da un lato ai progetti da realizzare, dall’altro riorganizzando i convegni e le presentazioni di libri che sono stati sospesi.
Inoltre, quest’anno cade il 75° anniversario della Liberazione e come Istituto abbiamo iniziato a caricare sulla pagina facebook alcune foto e documenti inerenti all’anniversario, corredati da una breve descrizione.
Non solo, abbiamo anche aderito alla campagna social #RaccontiamolaResistenza, avviata dall’Istituto Nazionale Ferruccio Parri e dagli altri 65 istituti della rete il 29 marzo su Facebook, Twitter e Instragram, con video, audio e testi pubblicati, anche da singoli cittadini, gruppi e enti locali: una straordinaria mole di materiali che restituiscono il valore della lotta di liberazione e offrono nuove risorse sulla Resistenza, seguendo un serio approccio documentario.
Tale campagna si muove in sinergia con le altre grandi campagne nazionali (Caritas-Cri, Anpi-Repubblica tv, Istituto Cervi), per un 25 aprile veramente festa di tutti e con tutti, come è nello spirito della giornata.
Il 25 aprile alle 9 inizierà poi una maratona-staffetta tra gli istituti, da Catania a Trieste, per raccontare la liberazione di tutto il paese.
Tra i tanti testimonial che parteciperanno alla maratona del 25 aprile: Eraldo Affinati, Silvia Avallone, Roberta Biagiarelli, Claudio Bisio, Vinicio Capossela, Daria Colombo, Ferruccio De Bortoli, Maurizio De Giovanni, Paolo Di Paolo, Giorgio Diritti, Gad Lerner, Carlo Lucarelli, Maurizio Maggiani, Valerio Massimo Manfredi, Modena City Ramblers, Michela Murgia, Murubutu, Paolo Nori, Patrizio Roversi, Igiaba Scego, Antonio Scurati, Mario Tozzi, Roberto Vecchioni, Julio Velasco, Pamela Villoresi, Yo Yo Mundi, Massimo Zamboni…e molti altri
In quest’ottica vi segnaliamo due appuntamenti importanti, che potrete trovare sulla pagina facebook, sul sito web e sul canale youtube dell’Irsrec FVG.
In particolare segnaliamo questi due appuntamenti:
24 aprile 2020 alle 10 - “La Risiera di San Sabba” di Tristano Matta
25 aprile 2020 alle 10 - “Le due liberazioni di Trieste” di Raoul Pupo
• Il primo appuntamento per la celebrazione del 25 aprile è con il video “La Risiera di San Sabba” di Tristano Matta, il 24 aprile 2020 alle 10
In questo video Tristano Matta inizia con il presentare i protagonisti dell’apparato di repressione nazista che organizzarono il Polizeihaftlager della Risiera, analizzando in particolare il ruolo svolto da Odilo Lotario Globocnik e il gruppo di SS che egli portò con sé a Trieste: questi uomini avevano infatti maturato la propria esperienza già dal 1939 in Polonia, anche attraverso l’operazione di sterminio di 1,7 milioni di ebrei polacchi e ancora prima nell’ambito dell’operazione T4. La Risiera funzionò a partire dall’ottobre del 1943 fino alla Liberazione nel maggio 1945 (dal marzo del 1944 entrò in funzione anche il forno crematorio): «transito» per gli ebrei catturati nella zona e nelle aree vicine e destinati alla deportazione nei campi di sterminio, campo di transito, ma anche di detenzione, tortura ed eliminazione di massa per esponenti della resistenza, partigiani, ostaggi civili. Dopo la Liberazione, la Risiera fu adibita dal Governo Militare Alleato a campo di raccolta per displaced persons e in seguito a campo profughi per gli italiani in esodo dall’Istria e dalla Jugoslavia dopo il Trattato di pace del 1947, per poi cadere in stato d’abbandono. Solo negli anni Sessanta la Presidenza della Repubblica gli conferì la dignità di monumento nazionale.
In particolare si ringrazia il Civico Museo della Risiera di San Sabba per aver fornito gratuitamente le immagini utilizzate nel video
“La Risiera di San Sabba” inizia con un inquadramento della situazione all’indomani dell’armistizio dell'8 settembre e dell’occupazione nazista, con la creazione della Zona d'operazioni Litorale Adriatico, posta sotto la diretta amministrazione tedesca e sottratta al controllo della Repubblica Sociale, con a capo l’ex Gauleiter della Carinzia Friedrich Rainer. A capo dei servizi di sicurezza, della polizia e delle SS della zona troviamo il Gruppenführer della SS Odilo Lotario Globocnik, originario della stessa Trieste, già responsabile dell’Aktion Reinhardt, che portò con sé a Trieste un nucleo di SS tedesche, componenti di quello che prese il nome di Abteilung R, agli ordini di Christian Wirth, prima, e di Dietrich Allers, poi. Ciò concorre a spiegare il fatto che a Trieste, nell’ambito del sistema repressivo così costituito, e precisamente nell’ambito delle attività dell'Abteilung R, sia stato installato l’unico di forno crematorio operante in Italia.
Il Polizeihaftlager della Risiera funzionò a partire dall’ottobre del 1943 fino alla Liberazione nel maggio 1945 (dal marzo del 1944 entrò in funzione anche il forno crematorio), non solo come campo di detenzione di polizia, ma come campo misto: eminentemente di «transito» per gli ebrei catturati nella zona e nelle aree vicine e destinati alla deportazione nei campi di sterminio, campo di transito, ma anche di detenzione, tortura ed eliminazione di massa per esponenti della resistenza, partigiani, ostaggi civili. Per San Sabba transitò una buona parte dei 1450 deportati ebrei, provenienti dalla regione, dal Veneto e dalla Croazia. Tra loro, 700 circa furono deportati razziali triestini, una ventina soltanto dei quali fece ritorno dai campi di sterminio. Di almeno 28 ebrei è stata accertata l’uccisione all’interno del Lager. Tuttora controverso, invece, è il numero complessivo delle altre vittime (partigiani italiani, sloveni, croati, ostaggi, civili…): le stime proposte partono comunque da un minimo di 2.000, stabilito sulla scorta delle testimonianze delle ex SS stesse utilizzate all’epoca del processo celebrato nel 1976 contro alcuni ex esponenti dell’Abteilung R.
Dopo la Liberazione, la Risiera fu adibita dal Governo Militare Alleato a campo di raccolta per displaced persons e, in seguito, a campo profughi per gli italiani in esodo dall’Istria e dalla Jugoslavia dopo il Trattato di pace del 1947. Negli anni successivi, il complesso della Risiera fu lasciato in stato d’abbandono e degrado e parzialmente distrutto da un incendio. Solo negli anni Sessanta la Presidenza della Repubblica gli conferì la dignità di monumento nazionale.
• Il secondo appuntamento è per il 25 aprile 2020 alle 10, con Il video “Le due liberazioni di Trieste” di Raoul Pupo
“Le due liberazioni di Trieste” offre un inquadramento della situazione militare e politica nella Venezia Giulia, e in particolare a Trieste, nel periodo che precede la sconfitta dei nazifascisti fino alla proclamazione di una doppia insurrezione, parallela e concorrenziale, il 30 aprile 1945. Si sofferma poi sulla spiegazione degli eventi che ci costringono a parlare per Trieste di “due liberazioni”. Da una parte della popolazione e delle forze politiche – gli sloveni e gli italiani di orientamento comunista – il 1° maggio rappresenta la data della loro liberazione, non solo dall’occupazione nazista, ma dal fascismo, dallo Stato italiano e dal capitalismo. Viceversa i filo-italiani percepiscono gli eventi del 1° maggio e delle settimane successive come una catastrofe nazionale, e celebrano invece come momento della loro liberazione il 9 giugno.
“Le due liberazioni di Trieste” prende l’avvio con un excursus sulla fase finale della Seconda guerra mondiale e sul ruolo strategico della Venezia Giulia e di Trieste per tutte le forze in campo, per le quali diventa segno di divisione: fra tedeschi e alleati, tra fascisti ed antifascisti, ma anche all’interno della grande coalizione antinazista ed all’interno anche delle forze resistenziali. Fin dall’autunno del 1944 infatti, è cessata ogni forma di collaborazione fra il Comitato di liberazione nazionale ed il Fronte di liberazione sloveno, dal momento che l’OF ha reso esplicito il suo programma annessionista ed ha chiesto alle unità partigiane italiane di passare sotto il comando dell’Esercito popolare jugoslavo. Dopo alcuni tentativi falliti di riallacciare i rapporti, il CLN e Unità operaia organizzano quindi in maniera autonoma l’insurrezione finale contro i tedeschi. Così, all’alba del 30 aprile scattano quasi contemporaneamente due insurrezioni, parallele e concorrenziali: questa è una situazione unica nel panorama resistenziale europeo. Nemmeno anglo-americani e jugoslavi riescono ad accordarsi su di una possibile divisione preventiva della Venezia Giulia in due distinte zone di occupazione: ne consegue quella che è stata chiamata la “corsa per Trieste”, cioè la competizione per arrivare prima ad occupare la città. La corsa viene vinta dagli jugoslavi, che entrano a trieste già il 1° maggio e vi installano la loro amministrazione militare, ma gli anglo-americani riescono a metter piede in città il giorno 2, mentre i combattimenti sono ancora in corso attorno ai capisaldi tedeschi nel castello di San Giusto e nel Tribunale, e sono proprio loro ad accogliere la resa dei tedeschi.
Comincia la transizione al dopoguerra, scoppia la “crisi di trieste”, che si conclude il 9 giugno con la divisione della Venezia Giulia in due zone di occupazione ed il ritiro delle truppe jugoslave da Trieste, Gorizia e Pola. La percezione della liberazione quindi è molto diversa: gli sloveni e gli italiani di orientamento comunista, vedono nel 1° maggio la data della loro liberazione, non solo dall’occupazione nazista, ma dal fascismo, dallo Stato italiano e dal capitalismo e quindi per loro il ritiro delle truppe jugoslave è una cocente delusione. Viceversa, i filo-italiani percepiscono gli eventi del 1° maggio e delle settimane successive come una catastrofe nazionale, e celebrano invece come momento della loro liberazione il 9 giugno, quando ritornano a respirare.
Di conseguenza, anche le memorie rimarranno a lungo divise.