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Braidotti sul modello dello
Steinhof
di Vienna, non a corpo unico ma
composto da numerosi reparti, imponente e bellissimo, venne aperto
nel 1908.
Nell’agosto del 1971 erano internati 1186 uomini e donne, la maggior
parte in regime coatto, privati dei diritti civili e politici; pure un reparto
per le bambine e i bambini.
Nella parte bassa del Parco trovavano posto i padiglioni dei cronici, ge-
stiti dall’ospedale generale, la villa paganti per pazienti psichiatrici e il
reparto neurologico. Poi una piazza con l’imponente edificio della Dire-
zione da cui partiva un ampio viale sui cui lati si dispiegano i reparti -a
destra quelli maschili e a sinistra quelli femminili, circondati da recinzio-
ni, con le sbarre alle finestre e le reti a chiudere le verande- rappresen-
tazione della carriera del malato nell’istituto e del sapere classificatorio
della psichiatria: l’“accettazione”, l’”osservazione”, il reparto “sudici”, “agi-
tati”, le infermerie. Una grande scalinata porta alla parte più alta della
collina. Dopo una grande curva i servizi generali: le cucine, la lavanderia,
la centrale caldaie, il teatro… e poi i reparti dei “tranquilli” ed intorno alla
chiesa le “casette” dei lavoratori, ovvero di pazienti che in nome dell’er-
goterapia lavorano nei servizi generali dell’ospedale psichiatrico, nella
campagna, puliscono i reparti… in cambio di un pacchetto di sigarette
alla settimana e di piccoli privilegi. Infine la cappella mortuaria e il por-
tone alto.
Ogni reparto è designato con una lettera dell’alfabeto.
Basaglia e la sua equipe lavorano fin da subito nella prospettiva di chiu-
dere il manicomio e di restituire i diritti agli internati, per la loro entrata
nel contratto sociale e per la fine di uno statuto speciale per il malato di
mente. Si mette fine alle pratiche coercitive, si abbattono le reti, si apro-
no le porte nei reparti, le assemblee quotidiane nei reparti restituisco-
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