IL LICEO-GINNASIO COMUNALE

di Fabio Todero

Il 15 settembre 1863, a coronamento di una lunga battaglia politica per l’apertura di una scuola in lingua italiana, nasceva a Trieste il Ginnasio italiano comunale, la cui prima sede veniva collocata in casa Ritter, in piazza della Dogana (ora piazza Vittorio Veneto). Nel 1883 esso fu trasferito nella nuova sede di piazza dei Carradori – ora largo Panfili – e fu in questo edificio che si formò un’intera generazione di giovani che, ispirati dai dettami dell’irredentismo sia pur nelle sue diverse declinazioni, nella primavera del 1915 avrebbero compiuto la scelta dell’arruolamento volontario nelle file dell’esercito italiano. All’apertura dell’anno scolastico 1894-95 nell’atrio era stato collocato anche il busto di Dante, opera di Ettore Ferrari, cui dal 1913 la scuola sarebbe stata intitolata e che rappresentava uno dei simboli dell’italianità della scuola. A più riprese Giani Stuparich – alunno prima, insegnante poi dell’ istituto – ha ricordato questo luogo immortalandolo in alcune sue opere, una scuola che svolse come poche la funzione di formare in chiave di educazione nazionale filtrata attraverso lo studio dei classici e della tradizione letteraria e culturale italiana, le future classi dirigenti triestine: «La tradizione della nostra scuola classica, durante il periodo dell’irredentismo, – ha scritto Giani Stuparich – era fondata su un impegno d’onore. E in questo allievi e insegnanti concorrevano a far sì che il Ginnasio comunale di Trieste rendesse testimonianza della serietà con cui su questa sponda si perseguivano gli ideali della cultura e della civiltà che avevano fatto grande l’Italia nel mondo».
Lo stesso Stuparich ha sottolineato il ruolo che diversi insegnanti a partire da Baccio Ziliotto – molti di loro erano tra l’altro di origine trentina – ebbero nella formazione dei giovani, un’educazione basata su una solida etica e capace di trasmettere nei limiti del possibile «lo spirito patriottico, per un’azione nazionalmente feconda». Per questi banchi passarono così tra gli altri Guido Corsi, Guido Devescovi, Giorgio Reiss Romoli, Scipio Slataper, Alberto Spaini, Carlo e Giani Stuparich, Ruggero Timeus, Giacomo Venezian, Guido Zanetti, Spiro Xydias, protagonisti della vita culturale e politica giuliana ma anche del movimento dei volontari giuliani della Grande guerra: ben 400 di loro erano stati o erano allievi del Liceo e 52 di essi caddero nel conflitto. Sette i decorati di medaglia d’oro e 60 le medaglie d’argento al valor militare, a testimonianza di come i modelli educativi che vi venivano impartiti condussero molti giovani a seguire con coerenza quegli insegnamenti, non di rado fino alle estreme conseguenze. Eppure, nel ricordare i caduti del «Dante» in un discorso del giugno 1923 lo stesso Giani Stuparich, che nel conflitto aveva perduto in drammatiche circostanze il fratello minore Carlo, metteva in guardia le nuove generazioni dalla guerra: «nessun popolo della civiltà può proporsi più come fine d’educarsi a popolo guerriero, e nessun uomo può più desiderare la guerra, se non con malvagio cuore».
L’edificio nel quale nel 1936 il Liceo «Dante Alighieri» venne trasferito, per esservi ospitato ancora oggi, accoglie al suo interno alcuni importanti segni che ricordano la Grande guerra e i caduti della scuola. Nell’Aula Magna, una targa bronzea, ricavata dalla fusione di un cannone austriaco, disegnata da Umberto Nordio – a sua volta ex allievo del Liceo – e realizzata nel 1921 dallo scultore Gianni Marin, con un’epigrafe del docente Enrico Aubel, ricorda i caduti del Dante. Altre targhe ricordano Guido Corsi, Carlo e Giani Stuparich – ma anche i caduti in circostanze più tarde, a testimonianza del ruolo sempre mantenuto dalla scuola nella formazione patriottica dei giovani triestini. Infine, una lapide del 1937, collocata nel cosiddetto Famedio della nuova sede del Liceo ricorda a sua volta i nomi dei 58 caduti della «Guerra di redenzione».